domenica, settembre 24, 2006

Lunedì 11 settembre 2006. Apertura calda e umida

Primo passo è la colazione. Gli altri convegnicoli non sono anora arrivati tutti e la colazione si fa obbligatoriamente al bar dell'albergo. Le ragazze che servono al bar, poco più che adolescenti, portano microgonne sopra gambe lunghe, ma non sorridono né esprimono il minimo movimento facciale. Si scoprirà poi che dev'essere una costante russa, finché non ti riconoscono; da allora in poi, i sorrisi (provocati, cioè devi sempre sorridere tu per primo, o fare un amichevole cenno di saluto con la mano) arrivano; non solo: hanno anche imparato che fumo e mi portano spontaneamente un portacenere. Spassiba. Che si mangia? Piattino di default con tre fette di salame e due di formaggio e un altro default con tre cakes all'uvetta, poi la scelta: prendiamo kefir, omelette, chai e caffè. Nel menu c'è la scelta fra caffè ed espresso, ma questo non è che la medesima cosa del primo però in una tazza appena più piccola.
Ecco come fare un espresso alla russa: versa il macinato nella pistola della Faema, non lo pressare per l'amor di dio, incastralo nella macchina e avvia il processo, poi va' a fare dell'altro e torna appena prima che il caffè fuoriesca dalla tazza. A questo punto diluiscilo ancora un po' ponendo la tazza sotto il getto del vapore; così, tra l'altro, ne ricavi anche una bella schiumetta che fa tanto espresso italiano ma dalla quale nessuna Venere potrebbe mai nascere.
Si torna in città, ormai conosciamo le linee giuste. Ancora la piazza del Lenin con il cappotto svolazzante: è, in effetti, questo il centro della città, tutto il resto della città (estesa per 12 chilometri) non è che un aggregato di periferie. La memoria torna automaticamente al Borghetto Prenestino o, al più, al Tiburtino Terzo pre-restauro. Comunque, il centro c'è ed è di fronte al mare, con un laghetto costiero e il porto dappertutto; solo che il "centro" non è nato, come quasi dappertutto in Europa, per crescita di abitazioni intorno alla piazza del mercato/chiesa. Qui ci sono solo edifici pubblici: il governo, il teatro, l'ospedale, il partito, per cui l'effetto è straniante. Dovrebbe essere così anche Brasilia, per quanto visto nelle foto.
E riprendiamo il giro su per la collina, interrotto ieri. Prima però mi faccio fotografare mentre tocco l'oceano: adesso, con il Pacifico, ho toccato davvero tutti i mari. La collina Nikolkaskaja è, come detto, verdissima e puntellata di cimeli della guerra di Crimea. Sì, le navi inglesi e francesi sono arrivate, chissà perché, fin qui durante la guerra del 1854-56 e la guarnigione locale ha difeso eroicamente la città e la Kamachatka tutta senza nemmeno sapere di essere in guerra con inglesi e francesi... La passeggiata prosegue sulla collina che sovrasta il mare, donde si gode un panorama di eccezionale bellezza, con sempre la mole del Viluchinski in lontananza.
Domani sarò a spasso da solo perché non partecipo ai lavori del convegno, per cui cerchiamo di identificare il museo dove immagino di trascorrere qualche ora a conoscere cultura e territorio della penisola (ma i kamchakiani parlano del resto della Russia chiamandola "il continente": dunque, ritengono di trovarsi su un'isola, e non hanno torto, visto che la Kamchatka è così diversa dal resto).
Alle 19 è prevista la cerimonia d'apertura del convegno, con personalità locali (sindaco, assessore) e nazionali del settore. Perché due autobus fermi davanti all'albergo? Dove si fa questa cerimonia? Possibile che sia tanto lontano se la sede del convegno è a due passi girato l'albergo? La risposta è di quelle che ti fanno innamorare ancor più di questo mondo: si va a Paratunka, luogo di terme d'acqua calda: portatevi il costume e l'asciugamano, mi raccomando! E così, partiamo scortati dalla polizia...
Questa della scorta della polizia è la caratteristica che accompagnerà tutti i nostri spostamenti ufficiali: un po' (dicono) per avere sempre strada libera, un po' per controllare che gli autisti rispettino i limiti di velocità, o che non sbaglino strada (?) e un po' perché siamo, in qualche modo, dei vip che meritano protezione... sarà, ma la cosa fa rimanere perplessi.
Ed eccoci alle terme, ora di proprietà di una delle tante banche sorte come funghi nell'era di Eltsin. Tavola imbandita di aringhe, salmoni, caviali, tartine varie e dolci e brandy e vodka a volontà. Discorsi ufficiali e assaggi plurimi. Poi, tutti via a fare il bagno nelle vasche calde. Siamo quasi tutti di mezz'età e lo spettavolo non è proprio entusiamente. L'unica che meritasse il bikini era Irina ma non ne vuole sapere di fare il bagno, forse anche perché si porta dietro una bella tosse catarrosa (che aggiunge fascino bohémien al suo eterno broncio): per farsi perdonare, prende le nostre macchine e ci fotografa mentre siamo a mollo. Poi si torna nel salore a completare il buffet, al quale sono serviti adesso anche shashlick fumanti con salsine tra cui una senape che fa impallidire quella di Digione. Sono tentato di rubare una delle poche bottiglie di vodka non aperte, per la scorta domestica ma Paola mi minaccia con gli occhi. Pazienza, non facciamoci riconoscere ma ricordiamocela al duty free del ritorno (Russian Standard, molto buona, ma ho testato che anche la Parliament non è da meno - devono essere marche nuove: la mia cultura si limitava a Moskovskaya e Stolichnaya, a parte quella finlandese che ho studiato a Pietroburgo).
La seconda notte è più difficle della prima: il jet lag ci sveglia nel cuore della notte e si arriva al mattino con gli ochhi arrossati. Ci aiuta anche a restare svegli un ubriaco che sta girando per l'albergo bussando vigorosamente a tutte le porte nel cuore della notte in cerca di alcool; da domani di lui non ci sarà più traccia e da domani, in compenso, tutte le sere ci sarà un poliziotto nella hall...

1 commento:

Anonimo ha detto...
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