domenica, settembre 17, 2006

Domenica 10 settembre 2006. Petropavlovsk Kamchatski

Sono qui le 11 del mattino, a Mosca sono le 2 di notte e a Roma è la mezzanotte di sabato. Splendido: il jet lag si farà sentire duramente, tanto più che si è volato verso est, con ore di sonno rubate e altrettante sottratte alla nostra vita.
L'aeroporto gode di una splendida vista su un gigantesco vulcano che sembra a pochi metri. Nessun controllo di alcun genere, ma solo attendere nel prato di fronte che gli altri viaggiatori ritirino i loro bagagli spediti. C'è ovviamente qualcuno ad attenderci: una specie di generale in gonnella e una giovane armena, Lena Abramyan, qui emigrata con la famiglia anni fa. Ecco anche gli altri stranieri del convegno: un Library of Congress esperto di russo e armato di banjo e il capo della European Library, Jill Cousins con il marito.
L'albergo è un moderno tre stelle ma russo, cioè con quell'aria di arrangiato e pericolante che qui sembra normale. È invece costruito, come tutto qui, con criteri antisimici potenti (non c'è stato un solo crollo negli ultimi terremoti da molto tempo - circa due o tre al mese). È posto in una landa desolata, con i campi e i prati davanti, cantieri in costruzione (tra cui una gigantesca chiesa a pianta circolare - ormai il culto va di moda), sfasciamacchine ed edifici abbandonati. Insomma, sembra una delle nostre periferie degradate, mentre è parte viva della città. Come può essere?
Dopo aver preso possesso della stanza, decidiamo di andare ad esplorare la città. Prima difficoltà: identificare le fermate degli autoubus e soprattutto le linee che portano in centro. Spesso le fermate non portano nessuna indicazione, e soprattutto non sono riportate le linee che ci passano. Svetlana, la ragazza della reception, ci scrive su un biglietto in russo la nostra destinazione, la piazza del teatro, una volta chiamata piazza Lenin. Saliamo sul primo autobus, mostriamo il nostro biglietto al conducente che dice di no e ci fa scendere. Proviamo con il secondo e questa volta ci va bene. Ci accomodiamo in un autobus di fabbricazione coreana (tutte le istruzioni e la pubblicità sono in coreano, salvo il cartello posto accanto all'autista che dice in russo che il biglietto costa 10 rubli), che ci fa fare un lungo giro prima di arrivare nella piazza di Lenin, dov'è collocata una gigantesca statua del padre della rivoluzione russa con cappotto svolazzante.
La vista dalla piazza è molto suggestiva, davanti a noi la baia di Avacha, che è una delle più belle baie del mondo, da competere con Rio de Janeiro, e dietro di noi le colline di Petropavlovsk. La piazza pullula di persone, perché questa domenica si celebra l’anniversario della città fondata nel 1741. Ci sono divertimenti per i bambini, giostre, e soprattutto cibo, shashlick preparati al momento e grosse padelle con riso ripassato nell’olio. Si diffonde nell'aria quest'odore di carne arrostita, per cui decidiamo di sederci anche noi e condividere quest'esperienza. Ci fanno accomodare a un tavolino dove ci sono due signore russe, di circa 60 anni con un bambino di 3 o 4 anni. Nel nostro limitatissimo russo ci presentiamo e scopriamo che si tratta di una nonna, Margherita, con il nipote Arif, e una sua amica Galina. Ci offrono subito della vodka che avevano portato con sé per la gita (come le sigarette: mai uscire senza!). La conversazione continua, in modo un po' difficile, ma da entrambe le parti cerchiamo di sforzarci, così ci scambiamo un po' di informazioni: una delle due è stata un'attiva comunista; l’altra, invece, non ci ha mai creduto molto, ed è invece molto religiosa (ma forse ci sta prendendo in giro...). Continuano a comprare shashlick per noi e cercano di farci bere altra vodka. Galina tira fuori il suo cellulare (anche qui quasi tutti hanno un cellulare) e parla con qualcuno facendo riferimento a noi, perché sentiamo ripetere la parola italianski.
Sono passate un paio d'ore sono le quasi le 2 del pomeriggio e vorremmo continuare il nostro giro esplorativo della città, ma le due donne ci vogliono con loro, facciamo insieme una breve passeggiata lungo la spiaggia, dove l'odore del mare è forte: saranno le alghe, le stelle marine in putrefazione, ma quest'odore a me piace molto. Ci sono anche molte meduse, lungo la battigia. Mi chino a raccogliere una stella marina, e nell'alzarmi vedo di fronte un bel vulcano striato di neve in lontanza. Chiedo a Margherita il nome del vulcano: è Viluchinski. È un vulcano estinto.
Continuiamo la passeggiata con loro lungo la spiaggia e ci presentano ad altre due coppie di russi, ci fermiamo presso di loro e iniziamo di nuovo a mangiare e bere. Ritorniamo nella piazza e nel frattempo il figlio di Galina aveva portato l'occorrente per un picnic sull'erba: cioè tovaglia, frutta, succo di frutta e soprattutto vodka! Ci rendiamo conto che, se anche sono le 4 del mattino per il nostro orologio biologico, non possiamo non continuare a mangiare e bere. E così per altre due ore rimaniamo in loro compagnia. Facciamo un po' di fotografie, ci scambiamo gli indirizzi con Margherita, e alla fine di questo intenso pomeriggio, le lasciamo forse un po' bruscamente, ma non ne potevano più...
Comunque, è stata una bella esperienza e abbiamo avuto modo di apprezzare l'ospitalità e la generosità russe. Continuiamo il nostro giro, incamminandoci verso la collina Nikolkaskaja, una bella collina piena di verde e di monumenti dedicati ai caduti della Guerra di Crimea. Ma siamo troppo stanchi per la salita e torniamo indietro.
Abbiamo intanto fatto un bel po' di foto. Le strade sono ancora affollatissime di persone che passeggiano e chiaccherano e alcuni giovani bevono come sempre vodka e brandy russo. Abbiamo ripreso l'autobus e siamo tornati in albergo. Erano circa le 7.30 di sera (per noi le 6 del mattino), ma c'era ancora luce. In effetti qui c'è luce in questa stagione fino alle 9 di sera.
A domani, sì, ma stanotte c'è spettacolo: tengo d'occhio l'orologio che ho lasciato sull'ora di Roma per essere sicuro di essere al video quando serve, sperando di vedere in contemporanea la Formula 1 di Monza dove la Ferrari "deve" vincere sulla Renault e dove Schumacher dirà che cosa vuol fare da grande, ma invano: la televisione trasmette solo in russo, meno un canale in giapponese e uno australiano che però non dà soddisfazioni e c'è sì un canale sportivo ma trasmette tutti gli sport meno che il solo che mi interessa. Neanche uno straccio di CNN. Pazienza, domani Google News mi farà sapere ma non sarà stata la stessa cosa...

1 commento:

Anonimo ha detto...

avevo sentito di questo offrire vodka a tutto spiano, fino a sentirsi male, per chi non è abituato....